Stracotto al Chianti per la GN del calendario del cibo italiano

Oggi è la Giornata Nazionale dello Stracotto al Chianti e io ne sono l’ambasciatrice, grazie al progetto del calendario del cibo italiano promosso da AIFB (Associazione Italiana Food Blogger).

E’ un piatto storico della mia Toscana.

E’ un piatto che si può ritrovare sotto diverse forme e consistenze: nel brasato, nello stufato e in tutte quelle carni cucinate con la tecnica della cottura lenta.

 Si tratta semplicemente di una tecnica che consiste nel cuocere gli alimenti a temperatura costante ricompresa tra i 50 e i 60° C. Con la cottura a bassa temperatura:
•l’alimento si cuoce attraverso il ricircolo del calore
•non vi è dispersione di succhi, umori e principi nutritivi
•le carni sono più tenere e sugose
•è garantito il risultato di cottura sia al centro dell’alimento che nella parte esterna: essendo la temperatura fissata e costante, la cottura non potrà mai andare oltre il grado determinato.

In sostanza, nonostante con la cottura a bassa temperatura siano necessari tempi più lunghi e una grande attenzione al calcolo esatto del tempo di cottura, il risultato è qualcosa che merita di essere provato.

Gli ingredienti riportano alla cucina rinascimentale  e in particolare dei Medici. Vi lascio un post sulla mostra di Poggio a Caiano sulle ANTICHE CUCINE e sul famoso cuoco Bartolomeo Scappi.

La carne talmente ‘stracotta’ tenderà a sfaldarsi morbidamente al palato.

Il tutto sarà allietato dal ‘sugo’  di cottura dolce e salato assieme.

Gli ingredienti devono essere dosati con cura, altrimenti si rischia di far prevaere la parte dolce su quella salata o viceversa.

Il vino renderà lo stracotto (la parte della spalla mi raccomando!) un sapore unico e ricco.

I contorni sono importanti per creare un connubio di gusti che si sposeranno alla perfezione.

 

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Vengono consigliate erbe cotte e cipolline caramellate.

Ho usato le ‘erbi lucchesi’ . Sono erbe che nascono spontanee nella zona collinare e che hanno un sapore quasi croccante e un leggero retrogusto amarognolo piacevolissimo con lo stracotto al chianti. Le erbi lucchesi sono:

borragine, radicchio selvatico, soncino, cicerbita, pimpicella, tarassaco e ramolaccio.

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Le cipolline caramellate sono cucinate con zucchero e aceto….io le adoro!!!

Ingredienti:
Una confezione di cipolline
30 gr di olio evo
150 ml di acqua
3 cucchiai di zucchero
45 ml di aceto balsamico
sale

In una pentola mettete le cipolline con l’olio. Aggiungete l’acqua, lo zucchero e l’aceto balsamico. Salate e fate stufare per 25 minuti. Controllate le cipolline con uno forchetta e se dovessero essere troppo dure durante la cottura, aggiungete un po’ di acqua. Quando le cipolline saranno tenere al tatto e la salsa sarà diventata sciropposa, sono pronte. Spegnete il fuoco, versate in un piatto da portata e versate sopra lo sciroppo caramellato.

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Ora seguitemi in AIFB dove potremo leggere insieme l’articolo completo che celebra questo meraviglioso piatto

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 Infine ringrazio :

Lucia Melchiorre   e  Sabrina Fattorini.…che con i loro contributi mi aiuteranno a rendere unica questa giornata!

Buona settimana!!!

 

Il Cibo alla corte del Granduca

Nell’anno dell’Expo molte iniziative collaterali sul cibo sono state create in giro per l’Italia…. e come spesso mi accade, prendendo spunto da qualche mostra arrivo a delle riflessioni che vorrei condividere con voi….

Questo e’ il caso della mostra “Nelle antiche cucine” allestita nella splendida Villa Medicea di Poggio a Caiano (Patrimonio dell’Umanita’ UNESCO)….

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Tale villa fu commissionata nel 1470 da Lorenzo il Magnifico ad Andrea da Sangallo e terminata per il volere del figlio di Lorenzo, Papa Leone X, solo nel 1520. Tale Villa e’ una vera e propria Reggia, utilizzata successivamente anche dai Lorena e dai Savoia quando la capitale d’Italia fu spostata da Torino a Firenze.

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Ricordo ancora che Firenze e la Corte dei Medici nel Quattrocento era al centro del mondo e il Rinascimento era in ebollizione nell’attesa di esplodere nel XVI secolo. Lorenzo aveva fatto venire molti libri segreti da tutta Europa e aveva sostenuto lo sviluppo  dell’Accademia Neoplatonica, nata grazie al nonno Cosimo, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Poliziano e molti altri intellettuali. Decisioni importanti dal punto di vista politico ed economico sono state prese in questa Villa…. ospiti illustri vi hanno soggiornato e… mangiato…

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Ancora una volta Cibo come Cultura e come, diremmo oggi, “status symbol”… per esempio quando i Medici erano in grado di offrire sorbetti ai loro ospiti, grazie alla possibilita’, praticamente unica in Europa, di far arrivare, stoccare ed utilizzare il GHIACCIO….

I  Medici, nella loro gastronomia d’avanguardia, legata alla tradizione locale interpretata dai cuochi professionisti, ricercano la ricerca di un’alternanza di gusti e la cura della genuinità dei cibi.

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Ai conviti della famiglia Medici erano di rigore le buone maniere e la più assoluta pulizia; i vasi, i candelabri, l’argenteria erano scelti per il loro valore artistico; in controtendenza rispetto alle altre corti, i cuochi dei Medici diretti dalle padrone di casa non si sbizzarrivano in artifici sgradevoli al palato, ma utilizzavano rigorosamente i prodotti genuini della regione per piatti della tradizione toscana, spesso di sapiente derivazione popolare.

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Grazie alla mostra in oggetto, sono state aperte le cucine “segrete”…. segrete, per motivi di sicurezza,  ma “private” perché dedicate soltanto ai Medici e alla corte, mentre esistevano altre cucine per tutto il personale di servizio…

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Ce lo racconta anche  Bartolomeo Scappi, Maestro di cucina e cuoco segreto di diversi  Papi, che con delle bellissime immagini tratte dalla sua Opera omnia (prima edizione Venezia, 1570) ci ha fatto immaginare che cosa dovessero essere le cucine private del Granduca di Toscana: centinaia di carri che ogni giorno arrivavano a consegnare vettovaglie, selezione attenta del materiale da parte delle guardie, accessi controllati delle persone nelle cucine segrete, camini giganti, forni distinti per pane e dolci, decine di fuochi e centinai di pentole diverse a seconda dei diversi utilizzi, vettovaglie stoccate penzolanti dal soffitto per evitare che animali piu’ o meno domestici ne approfittassero…

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Insomma abbiamo capito come erano le cucine dei grandi chef di … cinquecento anni fa…

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Siamo poi passati alla Mostra vera e propria dove quadri italiani e fiamminghi dell’epoca hanno rappresentato le cucine, i cuochi e i cibi….. tutto questo per la prima volta iniziava a rubare la scena ad ambientazioni religiose o regali… pesce come cibo religioso in contrapposizione alla carne come cibo lussurioso per eccellenza…. assistenti di cucina con gli occhi bassi insieme a cuochi orgogliosi con lo sguardo alto e fiero come dei condottieri o papi…

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Rappresentazioni di carciofi afrodisiaci, carote bianche  insieme a prosciutti e formaggi che ricordano le nostre attuali cene toscane ….

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Concludo con alcune notizie tratte liberamente dal libro “A tavola con la storia”  di Maria Luisa Minarelli, che secondo me, aiutano a capire l’importanza del cibo nel Rinascimento: Lorenzo il Magnifico era personalmente piuttosto sobrio e nelle sue ville come questa di Poggio a Caiano gradiva gustare con gli amici le lepri dei suoi boschi e il formaggio di fattoria ma allo stesso tempo   coinvolgeva  con garbo nei  festeggiamenti il popolo: basti ricordare che nel giugno del 1469, in occasione del suo matrimonio a Firenze con Clarice Orsini, Lorenzo il Magnifico fece distribuire ai fiorentini  non degli avanzi, ma 1.500 taglieri di gelatina e polli, pesci, confetti e altre ghiottonerie appositamente confezionate…. comunque  sempre Cibo come Ricchezza e Cultura ma senza sfarzo…

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Sfarzo che invece il figlio di Lorenzo, Papa Leone X, anche lui noto buongustaio, esibisce  a Roma il 13 settembre del 1513 per festeggiare la nomina a patrizio del nipote Giuliano con un banchetto solenne in Campidoglio. La tavola, che accoglieva venti sceltissimi convitati, troneggiava su un soppalco al centro della piazza, mentre intorno era stata eretta una gradinata a semicerchio per la folla che assisteva allo spettacolo. Quando, al passaggio dei bacili di acqua odorosa, gli ospiti dispiegarono i tovaglioli bianchissimi per asciugare le mani, si liberò nell’aria un volo di uccelletti svolazzanti. L’abbondanza era tale, narrano i cronisti, che i convitati presero a gettarsi l’un l’altro le portate, e infine si videro capretti e fagiani, porcellini e pernici volare verso le tribune e insozzare la piazza…..  Cibo come Potere, nel senso piu’ negativo del termine….

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Insomma dalla Mostra, a mio avviso, si capisce nel Rinascimento la cucina incomincia a diventare arte e cultura, il “know-how” culinario assurge al livello della religione o delle armi…

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…e poi, come ho gia’ sottolineato altre volte la location di una mostra e’ forse piu’ importante del contenuto per il successo della stessa…. e in questo caso la Villa Medicea di Poggio a Caiano per la bellezza estetica ed il significato che il cibo ha avuto per la dinastia dei Medici, non poteva essere simbolo migliore per rappresentare il Cibo come Cultura in Italia nell’anno dell’EXPO…..