#noisiamoconpippi (parte seconda)

 

Eccomi di nuovo…pensavate di esservi liberate di me???

eh no….non si può…presente!!!

vi racconto come è continuata la nostra serata al MOLIN VECIO…io adoro questo ristorante…mi piace la sua cucina rigorosamente legata al territorio e con prodotti a Km 0….è quello che cerco in un ristorante…non mi piacciono i cibi troppo elaborati ..troppo creativi…esasperati…

a me piace la cucina semplice…con un tocco che mi sorprenda…con un sapore che mi stenda (c’ho fatto pure la rima e che volete dippiù’??)..

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foto http://www.molinvecio.it/

La prima volta che son stata in questo ristorante è stato ad inizio estate….cenare fuori è un’atmosfera diversa..devo ametterlo!

E’ un vecchio mulino del 1520 immerso nel verde , con un orto di piante officinali e un ‘brolo’ (frutteto) con piante da frutto dimenticate…da cui attingono rigorosamente per la preparazione dei loro piatti.

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foto http://www.molinvecio.it/

Elisa aveva organizzato con il proprietario una sala solo per noi…tavolo spazioso …e libertà per i bambini…e infine il menù

purtroppo non si poteva parlare tutte assieme…non sarebbe stato possibile…ma io avrei voluto una magia .. che  realizzasse un desiderio..avere in dono la capacità di poter parlare ascoltare e ridere simultaneamente con tutti ..WOW…

Avevamo un menù per noi…e per i miei gusti personali DIVINO….mi è piaciuto tutto..e sottolineo TUTTO!!!

Abbiamo iniziato con fritto di verdurine e ortaggi di stagione su salsa di yogurt ..

per  proseguire con un risotto ai rampussoli , topinambur e tastasale  (la fine del mondo)

(il rampussolo è una pianta che fa parte della famiglia delle campanule, germoglia nei freddi mesi di gennaio e febbraio)

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immagine tratta dal web

(il tastasale è un impasto di carne fresca di maiale macinata, salata ed insaportia con pepe nero grosso frantumato)

 

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Immagine tratta dal web

Ma la vera delizia è stato il Cappòn in canevèra con le sue salse , purè e radìci còti

è ricetta storica della fine del settecento che prevede la cottura del cappone all’interno di una vescica di vitello,utilizzando una canna di bambù (canevera) come sfiato. La cttura è lentissima e particolare . Il patron ce l’ha illustrata prima di degustare questo piatto antico e superbo. Il cappone non sembra cappone…la carne è meravigliosamente delicata …

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foto http://www.molinvecio.it/

Le sue salse sono:cren,mostarda vicentina e salsa verde.

Il cren è una salsa a base di rafano.

I dolci…sono le tre creme…una degustazione di crema fritta (la mia preferita), gelata e brulè al rosmarino.

Per finire non poteva mancare l’antico liquore il GIROLIMINO con la sua storia 

Alla fine i saluti e un pochino di stanchezza che si faceva sentire…e anche un pochino di malinconia che tutto stava finendo..due mesi di esaltante preparazione …..la famosa data 28 FEBBRAIO bè..volgeva al termine…

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Alcune di noi si sono ritrovate la mattina dopo ai 100 orti di Chiara…laureata in Scienze e Tecnologie Agrarie con la passione per la sua terra…per gli incroci..per la sperimentazione dei prodotti naturali…per le biodiversità…per i colori..per la qualità

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Il clima era diverso… eravamo già con la mente ai nostri impegni del lunedi…abbiamo fatto la spesa pensando al menù settimanale…ed eravamo complici della nostra quotidianeità…con la mente ero a Cortina con Monica e con le verdure che non trova…oppure ero a Roma con Silvia e la sua ortica…oppure restavo a Vicenza con Elisa e la sua passione per la cucina asiatica…

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Ho acquistato le uova di gallina livornese…una qualità di eccellenza pura…

Per intendersi sono quelle famose dello chef Paolo Parisi anche se lui le alleva a latte di capra e le fornisce ai grandi chef…

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io non ho mai assaggiato quelle di Parisi ma quelle di Chiara si e  sono ottime..le sue galline vivono all’aria aperta e sono stupende…

io le uova di Chiara amo cucinarle in modo semplice per assaporarne di più il gusto intenso del  tuorlo fondente…con verdure saltate e in camicia…un goccio di olio buono ed il pranzo è fatto!

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Adesso è finita davvero..elisa mi guarda e mi dice sorridendo…’ne faremo altri’ ma io ho voluto bene a Pippi…alle vostre ricette.…ai nostri incontri…e lasciare tutto questo mi rende triste… con questo ultimo post si conclude davvero il nostro contest….una promessa o una minaccia….prima o poi ne faremo un altro…chissà…intanto  cambiarò il mio profilo facebook…che da tre mesi mi ha  accompagnato con pippi e poi dalle calze di Pippi protagoniste assolute del nostro evento…

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 Non vedo l’ora di incontrare  Alice e finalmente avrà fra le sue mani il libro con la versione integrale di Pippi..e in quel preciso momento la missione finale del nostro contest sarà compiuta!

 

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La zuppa frantoiana secondo l’antica tradizione lucchese….

Adoro la cucina antica toscana, quella della tradizione, quella esclusivamente  tramandata attraverso l’universo femminile…quelle ricette che ancora oggi si cucinano senza forno a legna o stufe o caminetti. E’ un tornare lento alle origini, al cucinare lento, al riappropriarsi dei tempi e degli odori di una cucina antica che non fa parte della nostra quotidianeità. Tornare all’odore di legna bruciata quella che aleggiava per le strade del paese verso sera, in autunno e soprattutto in inverno. Lo sentivi ovuque, e ti consolava, era una promessa di calore , di famiglia, di cibo e di unione. Il fuoco nel camino veniva ravvivato, un ciocco sopra l’altro….qualcuno se ne occupava…ancora mani …mani che si muovevano svelte per non far spengere il fuoco…

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Oggi vi racconto di Fiamma…forse la prima persona che ho conosciuto quando arrivai dal Nord per stabilirmi in questa splendida città…lei ha attraversato con me anni della mia famiglia…lei fa parte della mia famiglia…non so nemmeno come definirla…ha fatto la tata a mio figlio, mi aiuta nelle pulizie, cura con amore le mie piante, non si tira mai indietro se c’è da dare una mano….è il mio punto fermo…il mio punto forte, costante e quotidiano…

 

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Lei è una vera lucchese…è una donna che sa custodire le sue tradizioni, le coltiva e le vive sulla sua cucina fatta di sapori autentici della campagna …sua madre …sua suocera….sua nonna…un harem di mani sapienti hanno fatto giungere sulla mia tavola questo splendore di zuppa. Ogni famiglia la cucina alla sua maniera…dipende come la cucinava la nonna ovviamente….quella di Fiamma si cucina così..non si deve fare domande…si deve solo assaporare una delizia divina dettata da una formula chimica ricca di secoli di storia familiare

 

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Ingredienti per 6 persone

600gr. fagioli borlotti

2 zucchine

1 patata

2 carote

1 cipolla

aglio

1 mazzetto di bietola

2 costole di sedano

1 porro

1 cavolo verza piccolo

1 mazzo di cavolo nero

80 gr di lardo

pelati bio

zucca

borragine (non è la stagione e non l’ho trovata)

1 finocchio

prezzemolo

basilico

salvia

rosmarino

timo

semi di finocchio

 

 

 

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Procedimento

I fagioli che ho usato sono congelati dall’estate, ma se li avete secchi poneteli a bagno la sera prima. In una pentola di coccio ho cucinato i fagioli, con due spicchi di aglio in camicia, acqua e un rametto di salvia, salate e mettete un goccio di olio. Mentre i fagioli cuociono fate rosolare in una seconda pentola la cipolla con la zucca e dopo ci aggiungete i pelati. Lasciate cuocere. E’ una preparazione lenta e complessivamente useremo ben 3 pentole (un pò come il cacciucco alla livornese) che poi uniremo alla fine. Adesso tritiamo il rosmarino, l’aglio, il prezzemolo, la cipolla, la salvia e il lardo riducendo il tutto ad una poltiglia odorosa, che andremo a rosolare con olio nella terza pentola di cui vi ho parlato sopra. Puliamo le verdure e aggiungetele al trito della terza pentola. L’ordine da seguire è partire da quelle più dure (carota, sedano, ecc.) e poi aggiungere tutte le altre. Nel frattempo passare i fagioli al passaverdure per eliminare le bucce, lasciandone da parte circa 1/3 interi che andremo ad aggiungere alla terza pentola delle verdure assieme al brodo di cottura dei fagioli (il brodo infatti dovrà risultare denso). Stessa cosa alla seconda pentola della zucca , cipolla e pelati. E’ questo il momento che diverrà un unico pentolone profumato e colorato.

Aggiugo un pochino di acqua, semi di finocchio e timo. Lascio cuocere lentamente a fuoco basso.

Quando sarà cotta avrete la cucina inondata da un profumo celestiale… personalmente mi piace anche senza pane oppure con una fetta abbrustolita semplice, ma la vera zuppa frantoiana è con il pane di ponte a moriano (cotto a legno e assolutamente sciapo). Il pane deve essere raffermo e lo tagliate a dadini (se gradite strusciate prima con l’aglio) e conditelo con un filo di olio toscano e pepe macinato al momento. Adagiate il pane sul piatto e servitevi sopra la zuppa a strati. Vi consiglio di servire questa zuppa con una cipolla dolce tagliate sottilissima e messa precedentemente in ammollo per qualche ora.

Con questa ricetta antica della famiglia della mia cara Fiamma partecipo al contest di Consuelo de “I biscotti della zia”

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