Una zuppa dal sapore antico …

Iniziamo l’anno con…il comfort food per eccellenza…LA ZUPPA!!!

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A Lucca esiste  una bottega antica …una specie protetta…con insegne ,vetri, particolari ancora del vecchio Prospero..quello del 1800…dove per 5 generazioni si sono tramandati i segreti delle minestre della  famiglia Marcucci….

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Ho inforcato la mia Nikon e con una giornata infernale di pioggia battente (purtroppo unico giorno possibile per acquisti e di libertà dal lavoro) ho girovagato per vie deserte e dalla bellezza struggente…

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Finalmente arrivo da Prospero…la luce per fotografare è pessima…ma entrando l’atmosfera diventa più rilassante…sacchi di legumi ovunque…spezie …pasta tradizionale del territorio…e olio…marmellate…farine….salumi tipici…qui si parla di eccellenza…inutile predersi in giro….I cereali con i legumi nei sacchi di iuta, i barattoli di conserva protetti dalla carta gialla, il portaspiccioli in legno a scomparti,  le bilance meccaniche , l’orologio a muro con la cornice scura, le immagini votive un po’ stinte, i mazzi di lavanda appesi, le botti di legno,  salumi della garfagnana appesi al soffitto…

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E’ qui che i lucchesi fanno la spesa per il fine settimana….è qui che i lucchesi si fermano per fare i classici cestini pieni di leccornie da regalare in occasioni particolari….

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Immersa in un’atmosfera antica ho tramutato la miseria delle dispense contadine in nobiltà di una ricetta sfiziosa, ispirata dalla zuppa garfagnina del vecchio Prospero….

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Zuppa della Garfagnana a modo mio

Ingredienti per 4 persone

400 gr di zuppa della Garfagnana di Prospero (miscela costituita da  farro, fagioli borlotti, fagioli cannellini, fagioli rosso della Lucchesia)

trito di aglio, cipolla , sedano e carota

brodo di pollo (1 litro e mezzo)

mazzetto guarnito (rosmarino, salvia, timo lucchese, maggiorana)

braschetta (cavolo riccio nero lucchese) un mazzetto

lardo della lucchesia tagliato in una sola fetta  e ridotto a dadini

sale, pepe, q.b.

olio extra vergine delle colline lucchesi (della Signora Lia di Ponte a Moriano)

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Procedimento

TECNICA DI AMMOLLO ‘CENERATA’.

Questa era una tecnica che usavano nelle campagne lucchesi. Era il metodo migliore per far intenerire i legumi, inoltre l’odore della cenere, soprattutto se era di legna di olivo, conferiva loro un sapore molto particolare. Si mettevano i legumi secchi in una zuppiera molto capiente, si coprivano co un tovagliolo di cotone ben pulito e si ricopriva poi quest’ultimo con la cenere del camino. Si scaldava l’acqua e si versava sulla cenere. L’acqua ricopriva sia i legumi che la cenere, ma la cenere non andava a sporcare i legumi.Si lasciavano così per tutta la notte. Al mattino, si toglieva il tovagliolo con la cenere, si risciacquavano i legumi sotto l’acqua fredda ed erano pronti per la cottura.

Il caso ha voluto che un giovane albero del mio giardino questa estate sia seccato. Il giardiniere lo ha ridotto in legna da ardere per il nostro camino in taverna. Cosi ho usato il legno del nostro pruno. Il legno è bruciato molto lentamente, rilasciando un profumo eccezionale alle ceneri. Ho cambiato l’acqua diverse volte ai legumi/farro in ammollo (12 ore).

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In una casseruola di terracotta ho messo 5 cucchiai di olio evo ed ho soffritto il trito di aglio, cipolla, sedano e carota. Ho aggiunto il lardo a dadini. Quando il tutto si è ammorbidito ho unito i legumi con il farro  ed ho mescolato il tutto. A questo punto ho aggiunto il brodo di pollo e il mio mazzetto aromatico. Ho lasciato sobbollire la zuppa lentamente a fuoco basso senza coperchio per circa 1 ora e mezza. Alla fine ho aggiunto il sale.

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Mentre la mia zuppa inondava con il suo profumo inebriante la cucina, ho preparato la polvere di cavoloSi lavano le foglie e si asciugano perfettamente. Si toglie la parte centrale più chiara e dura. La sola parte verde si mette in forno a 150 ° per 30 minuti circa (dipende dal vostro forno) con lo sportello del forno semiaperto. Dopodichè si aspetta che il tutto si freddi e si frulla.

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Affettate il pane toscano e tostatelo in forno. Sulla zuppa calda, soda e cremosa spolverate la polvere di cavolo nero lucchese . Completate con un filo d’olio a crudo e pepe.

 

 

Buon appettito….

 

 

 

 

 

 

Una garmugia…. livornese

Come sapete la Garmugia e’ uno dei piatti della tradizione lucchese che preferisco….ve ne avevo parlato qui

La garmugia è sinonimo di primavera annunciata…di verdure croccanti …di sapori che tornano dopo il freddo inverno…e questa ciclicità mi rincuora e rassicura…ogni anno..

Sollecitata dal Gruppo delle alchimiste dei sedici sapori e dal libro della Signit ‘La grammatica dei sapori’ mi sono cimentata in un piatto ‘fusion’…

un piatto che unisse  le due citta’ a me piu’ care ossia Livorno, mia citta’ natale e Lucca, citta’ in cui vivo da 15 anni. 7 12

E’ un piatto che richiede il piacere puro di cucinare senza fretta…un vero lusso per me… è un piacere senza tempo..come odorare le rose in giardino

lasciarsi avvolgere dall’aroma caldo e dall’amore che metti nel cucinare per i tuoi cari…qualcosa di superbo, antico…genuino e confortante

nel frattempo mi inebrio di profumi… una tovaglia candida…un bicchiere di buon vino… dei fiori sulla tavola…

 

Lucca e Livorno, due citta’ toscane vicine geograficamente ma lontane anni luce “caratterialmente” a causa di una storia completamente diversa: citta’ stato e Repubblica Oligarchica cinta da mura,  la prima e porto del Granducato di Toscana con un mix incredibile di etnie e religioni di tutto il mondo, la seconda.

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Lucca, gia’ capitale della Tuscia longobarda nel 574 d.C.,  e’ sempre stata una citta’ ricca con forte propensione al commercio facendo affari dalle Fiandre alla Cina;  le famiglie lucchesi piu’ potenti prestavano soldi ad alto tasso di interesse sin dal medioevo alle corti piu’ blasonate di Europa, arricchendosi ancora di piu’. Quindi con la nascita della Repubblica Oligarchica, costruivano le mura rinascimentali per proteggersi, ma non hanno mai subito alcuna invasione grazie al potere politico ed economico che faceva vincere le guerre … prima che accadessero…. come predicava il sapiente Sun Tzu nell’Arte della Guerra. Nelle stupende ville costruite nelle colline circostanti, la nobilta’ celebrava il suo potere e la sua ricchezza, lontano dagli occhi indescreti della plebe.

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Livorno, villaggio di pescatori nel medioevo, diventa il porto mediceo del Granducato di Toscana nel Rinascimento. Si sviluppera’ demograficamente in maniera rapida alla fine del ‘500 grazie alle Leggi Livornine, le quali consentivano a chiunque di venire a Livorno e professare liberamente il proprio culto, vedersi condonata ogni condanna precedente e effettuare qualunque tipo di commercio senza pagamento di dazio….

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Quindi comunita’ di greci, armeni, turchi, inglesi, olandesi-alemanni , ma soprattutto ebrei sefarditi stabilirono a Livorno la loro residenza e la sede dei loro magazzini commerciali lungo i fossi intorno alla citta’ appena costruita…. La sinagoga di Livorno, distrutta nella seconda guerra mondiale, era la piu’ grande d’Europa dopo quella di Amsterdam… ma anche schiavi, prostitute e delinquenti di ogni tipo arrivavano e sostavano a Livorno e il monumento dei Quatto Mori ne e’ il simbolo piu’ rappresentativo

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Solo questo fa capire perché l’atmosfera che si respira nelle due citta’ ancora oggi non possa essere piu’ diversa…. chiusa, elegante, tradizionalista e conservatrice la prima, cosi come aperta, tollerante, dissacrante e fatalista la seconda….

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 Ed ecco a voi la ricetta….un brodo tratto dalla ricetta autentica del cacciucco livornese e gli ingredienti tipici della  garmugia, dalla  nobile tradizione lucchese …

Garmugia livornese

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Ingredienti per 4 persone:

1 filetto di branzino (piccolo)

1 filetto di sogliola (piccola)

8 gamberoni sgusciati

300 gr di fave da sgranare

300 gr di piselli da sgranare

300 gr di asparagi

3 cipollotti

3 carciofi

1,5 l  di brodo di pesce

olio q.b.

sale e pepe

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Procedimento

In una pentola far appassire i cipollotti tritati finemente, aggiungere i carciofi a spicchietti, gli asparagi tagliati a rondelle, i piselli e le fave. Ricoprire con il brodo di pesce, aggiustare di sale e cuocere per 20 minuti; unire i due filetti tagliati a tocchi, i gamberoni e ultimare la cottura in pochissimo tempo. Servire con pane casalingo tostato. 22

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BRODO DI PESCE

1 kg di scarti di pesce

 2 porri (solo la parte bianca)

1 costola di sedano

1 foglia di alloro

2 scalogni

3 rametti di timo

1 spicchio di aglio

10 grani di pepe

3 bacche di ginepro

1 chiodo di garofano

1/2 litro di vino bianco

1  l di acqua

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Procedimento

Mettere in una pentola capiente il pesce lavato, gli scalogni tagliati grossolanamente, l’aglio, le spezie, le verdure e le erbe aromatiche legate a mazzetto. Ricoprire con l’acqua e il vino bianco e far sobbollire lentamente per circa 1 h , ma anche più abbassando la fiamma più che potete e schiumando se necessario. A cottura ultimata passare attraverso un colino a maglia fina schiacciando il pesce e le verdure con il dorso di un cucchiaio per estrarne i succhi.

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Con questa ricetta partecipo a Sedici. L’alchimia dei sapori

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Un muffin…” Dolce come il cioccolato”

Non lasciatevi ingannare dal titolo…il muffin della mia ricetta è un muffin salato …assolutamente messicano…e caliente…

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In linea con la sfida di questo mese lanciata da MTC ho  seguito le dritte della FRANCI affinchè il mio muffin potesse essere  ‘un piacere degli dei’…

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Il romanzo è di Laura Esquivel e si intitola ‘Dolce come il cioccolato’…posso assicurarvi che è dal 6 novembre che penso ai miei due muffin e ai miei due romanzi…e dal primo momento ho sentito dentro alla mia pancia…al mio cuore e alla mia mente : i due romanzi sarebbero stati LORO….

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Questo è il primo muffin e la mia prima ricetta….l’ho scelto di getto…perchè molti sono i testi a cui potevo ispirarmi..ma mai romanzo è stato cosi adatto ad un MUFFIN…

e badate bene non perchè il romanzo sia intriso di ricette …ma perchè la storia è morbida..calda…sensuale..avvolgente…rustica…intensa…esattamente come è la mia idea di MUFFIN …

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Sono i tempi della rivoluzione di Pancho Villa. Soldati e fuorilegge devastano le brulle terre del Messico. In una fattoria nascono, vivono e soffrono generazioni di donne. Ed è una storia costruita su di loro, sulle diverse figure femminili che costituiscono il cuore pulsante di un mondo desolato, le cui vite si elevano per mezzo della cucina e della fantasia.

“Il brutto di quando si trita la cipolla non è piangere, ma non smettere di piangere”

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Tita (la protagonista) viene spinta al mondo da un impressionante fiume di lacrime… originato dall’odore pungente delle cipolle che la madre affettava in gravidanza.

L’intenso legame con la cucina scaturisce, quindi, già dal grembo materno e così sarà per sempre. Ogni istante vissuto seguirà l’odore del timo, dell’alloro, del coriandolo, della cipolla e di tutti quegli aromi provenienti dall’ambiente caldo e protettivo della cucina.

Pedro e Tita si innamorano , ma Tita (secondo una tradizione messicana) essendo l’ultima delle tre figlie non potrà sposarsi … dovrà accudire la madre(l’odiosa Elena) nella sua vecchiaia.

Cosi Pedro accetta di sposare la sorella Rosaura….pur di stare vicino a Tita…

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L’unica consolazione per Tita è la cucina che avvolge con tutti i suoi sentimenti repressi, come quella matassa di lana che giornalmente trasforma in una interminabile coperta.

Nell’impossibilità di esprimere apertamente i propri sentimenti all’innamorato, Tita utilizza un mezzo insolito per comunicare con lui: il cibo. Cresciuta praticamente in cucina, affidata alle cure affettuose di Nacha, la domestica, Tita è infatti esperta nell’arte culinaria e riesce a preparare piatti elaboratissimi dai poteri magici più svariati, che esaltano sempre più la passione amorosa di Pedro.

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‘… L’odore delle mandorle abbrustolite..il baccano delle pentole, la melodiosa voce di Tita che cantava cucinando, avevano risvegliato nuove sensazioni in Pedro . E così, come la vicinanza con l’essere amato, il suo odore, le carezze dei giochi d’amore, preannunciano all’amante il momento dell’intima unione, così questi suoni e questi odori, soprattutto quello del sesamo tostato, preannuciavano a Pedro il momento di un profondo piacere culinario.”

L’ultima speranza di Tita di una vita davvero felice, lunga come quella coperta di lana che ha realizzato nelle sue solitarie notti di gelo interiore, si spezza per ironia della sorte. E allora quella passione interna che la divora è pronta ad esplodere, infiammando dal di dentro per poi bruciare tutto quello che le è vicino. Fiamme danzanti, devastanti e liberatorie allo stesso tempo s’innalzano sul suo e sul corpo dell’amato.

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“…una scatola di fiammiferi dentro di noi. Solo che abbiamo bisogno dell’ossigeno per accenderli. Il respiro, la parola, il sorriso della persona giusta a fungere da detonatore per l’esplosione dell’anima. Uno alla volta, altrimenti si produce uno splendore luminosissimo che illumina il tunnel che ci riporta alla perduta origine divina”

Solo un libro scritto a mano…si salverà dall’incendio devastante….un libro di ricette  d’amore…un libro di odori e sapori

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Ogni capitolo inizia con una ricetta…e ogni ricetta porta uno stato d’animo di Tita …

Pagine indimenticabili di pianti o risate collettive in seguito a banchetti cucinati con Nacha o con Chencha…all’insegna della gioia o della malinconia e dell’angoscia…

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Quindi in questo libro si insinua il pensiero ricorrente che l’umore di chi cucina passi attraverso il cibo e che venga assorbito da chi poi lo mangia.

Ok …è solo un libro…e per giunta messicano … ambientato nei primi del novecento in un ranch sul Rio Grande…ok ok..

Forse l’autrice lo ha reso un pochino surreale…ok …MA IO SONO CONVINTA che se, quando impastiamo, tagliamo o cuociamo, nutriamo pensieri d’amore per i destinatari delle nostre prelibatezze, quel che faremo sarà più buono e unico.

E’ una mia personale teoria…che però ha radici lontane …il rapporto donna-cibo è antico, il nostro desiderio di nutrire è radicato in noi…sin dal rapporto primordiale con il latte materno…

Non sono una vera cuoca…ma amo preparare del buon cibo…e possibilmente prepararlo con cose buone e fatte con amore…non ci vuole molto…ma anche no…cioè dobbiamo esserci portati…bisogna amare gli altri…volere la loro felicità..aver voglia di dare..questo serve per cucinare..

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e poi ci vuole TEMPO….cucinare con lentezza…magari con un bicchiere di vino… della musica in sottofondo…una luce soffusa…e un piccolo fiore in cucina…perchè no?…allontanando lo stress…rendere unico quel momento…è RIGENERANTE…e assolutamente appagante…è come immergersi in una terapia a tutto tondo…..dove curare, accudire, amare se stessi e gli altri con il cibo diventa pura essenza di benessere…è un coccolarsi l’anima…attraverso l’atto del cucinare…

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Ed adesso (finalmente direte voi) arrivo al mio muffin…ehhhhhhhhh ci ho studiato su…ho fatto delle ricerche sulla cucina messicana…ho consultato libri…e ho compreso meglio  il senso del  libro della Esquivel…

la maggior parte dei piatti messicani fa parte di un patrimonio che viene tramandato dalle nonne alle madri, alle figlie e infine alle nipoti…per i messicani l’arte culinaria è un vero e proprio dono del cielo…

Il cibo Messicano è come un crogiolo di cucine… E’ iniziato con i gusti indigeni e poi si sono aggiunte influenze da Spagna, Europa, India e anche dalla Cina…

il mio muffin si basa su queste ricerche e su ingredienti cucinati ed usati in Messico…rielaborando le ricette di Tita…e attenendomi al cibo tradizionale…ricco di colori e sapori intensi…

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  MUFFIN SALATO del ‘Buen trabajo’

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Ingredienti

carne di manzo macinata (una piccola manciata) nel film tratto dal libro si vede Nacha che macina la carne

due cucchiai cipolla bianca

peperoni (giallo, rosso e verde)

peperoncino (fresco)

fagioli rossi (messicani in barattolo di vetro)

due cucchiai noci (5)

timo

origano

sesamo

sale

pepe

olio di semi di girasole bio 100 gr (in Messico si usa  l’olio ma di semi e di solito di girasole)

farina di mais  100 gr

farina 00  100 gr

lievito 4/5 gr

bicarbonato di sodio un pizzico

latte intero 100 ml

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PROCEDIMENTO

Mettere gli ingredienti secchi setacciati in una ciotola. Poi in un’altra ciotola inserire tutti gli ingredienti umidi. Mescolare bene , perchè dopo quando li unirete si mescoleranno il meno possibile e velocemente si inseriranno nel forno, affinchè la lievitazione si attivi perfettamente.

Quando unite la parte umida alla secca unirete anche il macinato (fatto soffriggere con una cipolla , olio sale e pepe), i peperoni tagliati a dadini (fatti abbrustolire precedentemente e tolta la buccia), i fagioli messicani, le noci e le spezie.

Mettere in forno precedentemente riscaldato a 190 °C e poi abbassato a 180°C (una volta inserita la teglia dei muffin), per circa 25 minuti.

Mentre i muffin cuoceranno la vostra cucina sarà inondata da un odore incredibile…forse Tita era nella mia cucina oggi pomeriggio…e ovviamente affettava cipolle per i miei muffin…e per l’MTC…chissà…

Ho servito i miei muffin con due contorni…patate lesse accompagnate con salsa guacamole fresca….e dell’insalatina del contadino mista condita con sesamo e olio di girasole , sale e pepe macinato al momento…una goduria messicana !!!

8   Con questa ricetta partecipo all’MTC n. 43

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 Fonti:

http://www.cucinamessicana.net/ingredienti-usati-nel-cibo-messicano

http://www.lankelot.eu/cinema/arau-alfonso-come-l-acqua-per-il-cioccolato.html

La cucina messicana di M. Villafuerte, ed. Le lettere

Kitchen in Love di V. Benatti, ed. Gribaudo

Dolce come il cioccolato di L. Esquivel, ed. Garzanti

Autunno è…. una PUMPKIN PIE morbida e speziata.

New York …così diversa dal resto del paese,cosi vitale e caotica…frenetica…un melting pot allo stato puro…

spezie..odori e sapori di più tradizioni mischiate assieme…

 

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io amo le pies,mi sanno tanto di ‘ammericano’,di nonna papera…di buono

Questa torta è un classico del giorno del Ringraziamento espressamente cucinata da una maestra pasticcera new yorkese doc…Sara Jane Crawford

Io non sono mai stata a New York in autunno, dicono sia stupenda…

Non oso immaginare come la cucinerebbero da ‘Bakeri’ a Williamsburg, Brooklyn, dove ci sono passata lo scorso luglio,un posto che amo particolarmente di uno stile vecchia America gestito SOLO da donne…e curato sin nei minimi dettagli…

 

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Cosi questa domenica mi son coccolata…con questa delizia…e con una zucca arrivata direttamente dall’orto…sulla mia tavola…

 

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PUMPKIN PIE

per una torta da 24 cm

Pasta brisè

100 gr di burro freddo tagliato a dadini

200 gr di farina

una punta di sale

60 ml di acqua fredda

1 cucchiaino di succo limone

 

FARCITURA

2 uova medie

100 gr di zucchero di canna grezzo

100 ml di sciroppo di acero

280 ml di panna liquida

420 gr di zucca in purea

1 cucchiaino di cannella in polvere

1 cucchiaino di zenzero in polvere

1/2cucchiaino di noce moscata in polvere

 

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PROCEDIMENTO

Usate un robot da cucina. Formate una palla e fatela riposare in frigo per 1 ora.

Scaldate il forno a 180°C.

Sbattete le uova e lo zucchero. Incorporate il resto degli ingredienti della farcitura e mescolate fino ad ottenere un composto omogeneo.

Stendete la pasta , bucherellate il fondo e adagiare la farcitura. Infornate e lasciate in forno per circa 40 minuti.

Lasciate raffreddare e montate della panna con zucchero vanigliato bio. Servitela con un ciuffo di panna montata: DIVINA!!!!

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Note. Le dosi le ho seguite un pò ad occhio. In base all’impasto e alla sua doratura. Ho seguito le regole per una comune pasta brisè. Ho messo meno zucchero, mentre la zucca l’ho usata tutta. Per fare la purea di zucca ho messo in forno i pezzi di zucca puliti e infornato per circa 1 ora, fino a quando la zucca risulterà morbida. Frullate nel robot e riducete la polpa in purea. La mia polpa risultava liquida e così l’ho fatta scolare per una notte in frigo in un colino foderato da un tovagliolo di cotone grezzo.

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Buona domenica a chiunque passi di qua….

Ciambella integrale al profumo di agrumi e cannella

Oggi … domenica 29 settembre ….il tempo è davvero autunnale…e  mi piace…è mattino….l’odore di erba bagnata  irradia dal giardino…ho le finestre aperte..mi piace questo fresco  che entra in casa…dormono ancora…piove …e il giardino dove ieri avevo fatto le foto alla mia tortina…è completamente diverso…ha una luce diversa…ma non mi dispiace affatto….

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oggi iniziamo con il tè del pomeriggio…tè dopo studio o lavoro…è un rituale che abbiamo in inverno…la domenica serve per ricognizione di tutte le attività che si fanno in settimana…spesso a me ..oltre che per lavoro… serve per  portarmi avanti in diverse faccende domestiche..ma che ve lo racconto a fare??  Chi mi legge e lavora sa bene cosa voglia dire organizzazione….per far combaciare il tutto!!!

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Ma questo momento è fuori dal tempo..il rumore della pioggia battente mi fa compagnia…e mi rilassa…adesso prenderò il mio caffè e una fetta della mia ciambella…dal sapore invernale…

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Questa ciambella l’ho scoperta in una rivista lo scorso anno…non ricordo quale…e l’ho poi rifatta con delle varianti…è di sicuro effetto…anche per una cena con gli amici…basta aggiungerci della  crema inglese…o della marmellata di arance… o del semplice gelato…in effetti  la ciambella nasce come dolce da colazione…ideale da portare a scuola..sia per me che per mio figlio…è salutare e non troppo calorico…facilmente trasportabile…e soprattutto è perfetta associata ad un tè o al latte del mattino…mio figlio ne va pazzo…ma anche per la merenda…lui ci prende una tisana e se la gusta quando ha finito  di studiare e prima dell’allenamento…

Ciambella integrale

Per 6 persone

120 gr di farina integrale biologica

130 gr di farina bianca (io uso farina di farro bianca)

180 gr di zucchero di canna (io spesso uso il miele 80 gr)

1 uovo

1,5 dl di latte intero

8 gr di lievito vanigliato in polvere bio

80 gr di olio extra vergine d’oliva (io spesso uso olio di riso ha un sapore più delicato)

1 arancia non trattata

1 limone non trattato

Olio e farina per lo stampo

Zucchero a velo

un pizzico di sale

cannella

(la ricetta prevede anche 50 gr di uvetta , ma ai miei non piace e quindi l’ho omessa, al suo posto ci aggiungo delle mele grattugiate, ma non in questa ciambella)

Ottima anche con frutta secca , insomma è una ciambella base, il resto è gusto vostro.

Procedimento (io uso il robot)

Montare l’uovo con lo zucchero e un pizzico di sale , unite la farina integrale, la farina bianca, il lievito, l’olio di oliva, il latte, la scorza del limone , dell’arancia e della cannella.

Ungete d’olio e infarinate uno stampo a ciambella da 20 cm di diametro. Versatevi l’impasto e cuocete la torta nella parte centrale del forno, circa 50 minuti.

Fatela raffreddare e spolverizzate con zucchero a velo .

Una porzione di dolce senza frutta secca  ha circa 300 cal.

Quello che vorrei ribadire è la qualità degli ingredienti…spesso vedo i miei alunni con merende pesanti che non agevolano la ripresa dell’attività didattica…merende con ingredienti integrali e genuini agevolano qualsiasi tipo di attività…e come mamme penso sia un sollievo sapere che dare ingredienti sani ai nostri figli fa parte del nostro amore per loro…

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