Cavolo nero , una passione tutta toscana…per #SEGUILESTAGIONI di febbraio

I Romani adoravano il cavolo, perchè credevano che tenesse lontano la malinconia; e la leggenda vuole che gli operai al lavoro nella costruzione della Grande Muraglia si cibassero di cavolo sottaceto. Sembra che siano stati i cinesi ad insegnare agli europei  a preparare il cavolo sottaceto, che oggi è una pietra miliare in molti paesi d’Europa.

 

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Oggi voglio parlarvi del CAVOLO NERO, questo cavolo scuro, quasi nero, ha foglie spesse , lunghe e arricciate ed è una varietà italiana comune in Toscana, dove è apprezzato per il suo gusto leggermente amaro ma ricco. Noi toscani lo usiamo per stufati e zuppe, soprattutto nella ribollita, e in diverse zuppe di lenticchie rustiche. Rosolato o brasato con aglio e peperoncino e bagnato con olio di oliva pepato è un contorno sontuoso a carni in bianco, grigliate e arrostite oppure, con del gorgonzola sbriciolato diventa una copertura per bruschette facile da preparare.

Oggi ho preparato per voi un pesto di cavolo nero ed ho creato un panino tricolore, gustosissimo e leggero.

 

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Il trucco come al solito parte dagli ingredienti di primissima qualità e freschi.

Il panino home made aggiunge qualità e profumo , ma potete usare anche altri tipi di pane (integrale, ai cereali, ecc.).

 

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Ingredienti per circa 8 buns (panini) con lievito di birra:
(io ne ho fatti 4 di circa 10 cm e 6 di circa 6 cm) e li ho congelati per le prossime volte

  • 500 g di farina (00 e 1 o Manitoba al 50%)
  • 260 g di latte
  • 40 g di burro
  • 20 g di zucchero
  • 10 g di strutto (per chi non potesse sostituibile con il burro)
  • 10 g di sale
  • 8 g di lievito di birra fresco
  • 2 cucchiaini di miele

Intiepidire il latte, scioglierci il lievito con il miele e lasciar riposare per una decina di minuti. In una boule di vetro capiente setacciare la farina, formare una fontana, versare il latte poco per volta e lasciarlo assorbire mescolando con un cucchiaio di legno. Aggiungere lo strutto ed il burro a temperatura ambiente e il sale e lo zucchero. Impastare fino ad ottenere un composto liscio ed omogeno.
Coprire con della pellicola e un panno e lasciar lievitare fino al raddoppio (1-2 ore). Prendere l’impasto,sgonfiarlo leggermente cercando di formare un rettangolo che poi piegherete (più o meno come un asciugamano): dividetelo idealmente in tre parti, sovrapponete la parte di destra al centro ed idem con la sinistra (al centro, sopra la destra). Ora rigirate di 90° e fate lo stesso.

Far riposare così l’impasto, con la chiave (la parte della piega) rivolta verso il basso e coperto da un panno per una mezz’oretta. Formare poi i buns (con queste dosi mi vengono 4 panini da circa 80-90 g l’uno). Poggiarli su una teglia coperta da carta da forno e con il palmo della mano schiacciarli leggermente.
Far riposare coperti da pellicola per una mezz’oretta.

 

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Per la cottura dei buns
  • un goccio di latte (per chi non può per questioni di dieta/religione/intolleranze si può omettere)
  • Semi di sesamo (o altri a scelta) io ho usato papavero e semi di zucca.
  •  1 uovo
Accendere il forno a 180°C.
Sbattere in un ciotolino l’uovo con il latte.
Togliere la pellicola e spennellare la superficie dei buns con il composto di uova e latte. Spolverizzare con i semi di sesamo e quando il forno raggiunge temperatura infornare e cuocere fino a doratura (nel mio forno 20 minuti).
Sfornare e lasciar asciugare su una gratella.
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Pesto di cavolo nero

Togliete la costola dura al cavolo nero. Tagliatelo a listarelle e sbollentatelo in acqua acidula per pochi minuti. Scolate e lasciate raffreddare. Unire nel frullatore: un aglio, noci tostate, cavolo nero e del pecorino stagionato, aggiustate di sale e insaporite con olio extravergine.

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Composizione del mio panino gourmet

Uno strato abbondante di pesto di cavolo nero

Dei pomodori secchi sott’olio sgocciolati e tamponati   (io ho usato dei pomodorini siciliani bio )

Della burrata con condita con olio, sale e pepe

 

 

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Vi lascio la spesa di Febbraio ed i blog partecipanti

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Lisa Verrastro – Lismary’s cottage

Alisa Secchi – Alise home shabby chic

Simona Milani – Pensieri e pasticci

Beatrice Rossi – Beatitudini in cucina

Sisty Consu – I biscotti della zia

Miria Onesta – Due amiche in cucina

Maria Martino – La mia casa nel vento

Anna Marangella – Ultimissime dal forno

Susy May – Coscina di pollo

Ely Valsecchi – Nella cucina di Ely

 

Ci trovate anche su facebook e Pinterest

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Testo liberamente tratto da:

‘Il panino veggie’  di A. Frassica – Guido Tommasi Ed.

‘Le verdure preferite di Mr Wilkinson’ di Guido Tommasi Ed.

‘Al mercato locale’  di L. Kitchen – Ed. Luxury books

 

Pappa al pomodoro PER #SEGUILESTAGIONILUGLIO

Questa ricetta parla della mia Toscana, di coccole, di estate …di odori e di colori e di colline morbide e sensuali …di olivi e di viti…di corse in discesa verso il fiume…di lucciole magiche…di grilli ed echi intermittenti di cicale…di pagelle riposte costituiscono nel cassetto del comò…della mia infanzia alla fattoria dei miei nonni in campagna…di capriole in mezzo ai campi..di libertà e sole

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Parla di tutto quel che ero e quel che sono…perchè in una ricetta..spesso c’è una storia…in un cibo c’è quel che eravamo, quello che abbiamo costruito semplicemente frullando o impastando. Nel semplice gesto del cucinare e mangiare, stiamo creando e continuando le storie che costituiscono  le nostre vite.

 

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Anche in questo caso , la ricetta autentica è davvero difficile da individuare, perché ogni provincia ne ha fatto una variante. Quella che vi dico è quella della mia nonna Velia. Servitela a pranzo come piatto unico o come primo per una cena più ricca o anche come antipasto in piccole monoporzioni con al centro un cucchiaino di pesto ligure. Vi consiglio di accompagnarla con un buon bicchiere di Chianti e di usare i prodotti di ottima qualità e di stagione, il sapore sarà divino e autentico.

 

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Per 4 persone

1 kg di pomodori

250 gr di pane toscano (io a lievitazione naturale) del giorno prima

Sale e pepe

1 mazzo di basilico fresco

60 ml di olio extravergine

Due spicchi di aglio interi (in modo da poterli togliere a fine cottura)c

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Lava i pomodori, togli la pellicina e i semi. In una pentola metti olio e due spicchi di aglio e fai soffriggere. Aggiungi i pomodori a pezzi tagliati grossolanamente. Dopodichè aggiungi le foglie di basilico . Lascia cuocere una decina di minuti ed aggiungi il pane tagliato a pezzi. Aggiungi 100 ml di acqua e lascia cuocere per una ventina di minuti . Il tempo esatto non so dirvelo perchè la faccio ad occhio da anni.

 

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Questa ricetta è il mio contributo per #seguilestagioni di Luglio.
Partecipano con me:

♥ PENSIERI E PASTICCI – Simona
♥ SENTO I POLLICI CHE PRUDONO – Adrialisa
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♥ ULTIMISSIME DAL FORNO – Anna
♥ COSCINA DI POLLO – Susy
♥ ALISE HOME SHABBY CHIC – Alisa
♥ LA MIA CASA NEL VENTO – Maria
♥ BEATITUDINI CULINARIE – Beatrice
♥ DUE AMICHE IN CUCINA -Miria
♥ LA FATA IGNORANTE Silvia
♥ LA GALLINA ROSITA – Lucia

Questa è la nostra lista della spesa:

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Carnevale di Viareggio e cenci toscani per SEGUILESTAGIONIFEBBRAIO#

a buona toscana, ho avuto l’occasione di partecipare al Carnevale di Viareggio più volte, soprattutto quando ero più piccola. Si tratta di un carnevale molto famoso in tutta Italia, e sicuramente il più conosciuto in Toscana.

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  Esso affonda le proprie radici in oltre un secolo di storia e tradizioni.La prima parata ebbe luogo nel lontano 1873. Risale al 1930, invece, l’invenzione di Burlamacco, la maschera ufficiale del Carnevale di Viareggio. Presenza costante per noi villeggianti della Versilia, è impossibile non riconoscerlo.

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Oggi sono tornata per un piccolo reportage per Seguilestagioni di Febbraio. Prima giornata di inagurazione in ritardo , a causa del maltempo, che ha coinvolto molte zone d’Italia, lo scorso fine settimana.

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Mi ha accolto la caratteristica sfilata dei carri costruiti ancora oggi in cartapesta e ‘animati’ da decorazioni , dettagli curati attentamente, luci e movimenti meccanici, musica e colori sgargianti. E’ così che un mucchio di giornale, acqua e farina si trasforma in uno degli spettacoli carnevaleschi più colorati, festosi e amati in Italia e nel mondo!

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E poi c’è la gente…i bambini..i giochi..i coriandoli e le stelle filanti…Viareggio si anima anche con il cibo tipico di Carnevale…Frittelle di tutti i tipi e cenci…

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Passato il Natale, i panifici ed le pasticcerie riempiono le loro vetrine di questi lunghi nastri di pasta dentellata o intrecciata, ricoperti con una fitta nevicata di zucchero a velo. Ogni regione d’Italia ha le sue chiacchere di Carnevale, che arrivano dopo la metà di Gennaio .In Toscana li chiamiamo CENCI, che significa stracci. Vengono fritti, anche se alcuni provano a farli al forno. Si servono con Vin Santo e caffè, come i cantucci.

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Ecco la ricetta della mia famiglia, ricordo ancora mia madre quando li friggeva in un grande padellone…Ammetto di non aver mai amato il retrogusto dei semi di anice che mia madre aggiungeva alla ricetta.

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CENCI DI CARNEVALE

Ingredienti

300gr di farina

2 uova

gr. 100 di zucchero fine

la scorza grattugiata di un limone bio e di un’ arancia bio

2 cucchiai di marsala o grappa

1 pizzico di sale

25 gr di burro fuso

2 cucchiaini di lievito per dolci

1 cucchiaino di estratto di vaniglia (al posto dei semi di anice che metteva mia madre)

olio per friggere o strutto

zucchero a velo

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Mettete la farina dentro una zuppiera, unire le uova, lo zucchero, la scorza di limone grattugiata, il burro fuso, il sale, il lievito sciolto in un cucchiaio abbondante di latte tiepido, ed il liquore. Mescolare bene , amalgamando tutti gli ingredienti e proseguire impastando con le mani, sulla spianatoia, fino ad ottenere un impasto morbido e liscio. Far riposare per circa 15 minuti.

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Con il mattarello stendere la sfoglia di 1-2 mm di spessore (mia madre usava la macchina per la pasta con la manovella a mano)che permetterà di fare sfoglie molto sottili.

Dopodichè con una rotella dentata o con un coltello ritagliare dei rettangoli o dei triangoli per friggere, per pochi secondi. in olio bollente o strutto.

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Quando saranno dorati, sgocciolarli e metterli ad asciugare su carta assorbente da cucina, Infine disporli sopra un vassoio spolverandoli con zucchero a velo.

Note

Questa volta ho provato a dar loro una forma più barocca e chic…tagliandoli al centro e avvolgendo la parte di pasta all’interno del taglio.

Ho usato il KA sia per impastare che per stendere la pasta….ho ridotto tempo e fatica ed il risultato è ottimo.

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Panzanella di branzino e cipolla lucchese all’agretto #seguilestagioni

Panzanella

Il pane, vecchio quanto la storia dell’uomo, assume forme e caratteristiche particolari a seconda del luogo in cui nasce. Quello toscano ha la caratteristica principale di non essere salato, come si dice da noi, è ‘sciocco’. Secoli or sono la gabella sul sale era così alta da scoraggiarne l’acquisto ed i toscani fecero di necessità virtù ed il loro pane non fu più salato.

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Nonostante questo è fragrante e saporito. Le forme grosse e rotonde, la crosta dorata, friabile, croccante con all’interno una mollica bianca e profumata di lievito che lo rende morbido, ma consistente allo stesso tempo, adatto per essere consumato fresco e, quando è secco, serve per la preparazione di ottimi piatti.

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Il nostro pane raffermo si utilizza in numerose prparazioni sia dolci che salate, una fra le più famose è la panzanella conosciuta anche per merito del suo ideatore: il Bronzino, al secolo Agnolo Allori, pittore alla corte di Cosimo I . La buona cucina lo attrasse e si cimentò in odi alla padella, alla cipolla, al raveggiolo ed altro.

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Così nasce  la Panzanella, che sta per pane e zanella (scodella, piatto fondo), piatto povero della tradizione contadina toscana

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Posto d’onore nella cucina toscana spetta alla CIPOLLA. Tante sono le varietà : la più nota, resa celebre dal Boccaccio, è quella di Certaldo. Poi c’è la Vernina di Firenze, la Massese : ottima per sughi e soffritti. Quindi la varietà di Bassanone in Lunigiana o di Treschietto adatta al pinzimonio, tanta è la sua dolcezza. Nella mia città adottiva esiste la cipolla lucchese, coltivata in collina. Ed è proprio questa che ho usato per la mia panzanella.

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Alla ricetta scritta dal Bronzino, arrivata inalterata fino a noi, è stato apportata l’aggiunta del pomodoro.

Ne esistono diverse versioni, quella fiorentina ha il cetriolo (che manca invece in quella senese) e quella originale di pane raffermo ammollato in acqua fredda per 10 minuti e poi sbriciolato. A me piace tenere il pane un pò più grande e non ammollarlo in acqua.

Per 4 persone

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4 fette di pane toscano  del giorno prima (io lo tosto in forno pochi minuti per la versione con i pezzi più grandi)

300 gr di pomodori rossi da insalata

1 cetriolo

6 cucchiai di olio extravergine d’oliva

3 cucchiai di aceto di vino rosso

un cucchiaino di tabasco (aggiunta personale)

sale e pepe nero

foglie di basilico fresco

Mettere in ammollo il pane (del giorno prima) nell’acqua fredda e, appena è ammorbidito. strizzarlo bene e sbriciolarlo in una zuppiera. (per la mia versione : tagliare a fette il pane e tostarlo qualche minuto in forno caldo. Dopodichè tagliarlo a quadrotti e condirlo con due cucchiai di olio extravergine di oliva e 1 di aceto e mescola bene con le mani).

Pulire le cipolle, il cetriolo(pelarlo con un pelaverdure) e tagliarli a fette sottili, unire il basilico spezzettando le foglie con le dita e condire le verdure con l’olio, l’aceto ed il sale. Aggiungere le verdure condite al pane sbriciolato. I pomodori tagliarli a piccoli pezzetti cercando di togliere i semi ed aggiungerli per ultimo.Aggiungere altro olio e aceto salati e pepati precedentemente. Girate il tutto (delicatamente se usate la mia versione con pane tostato) con un cucchiaio di legno per amalgamare gli ingredienti e il condimento (meglio con le mani per rendere uniforme il condimento).

Lasciare riposare in frigo prima di servire.

La mia versione

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Versione classica

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Panzanella di branzino e cipolla lucchese all’agretto

Utilizzare la ricetta base della panzanella (quella con il pane ammollato).

Per la cipolla all’agretto: pulire e tagliare a julienne la cipolla lucchese. Preparare uno sciroppo con acqua, vino bianco, miele, aceto di lampone, un pizzico di sale  e quando bolle immergere la cipolla tagliata fino a che non caramella. Scolare e lasciare raffreddare.

Per il branzino: sfilettare un branzino medio. Cuocere a vapore le polpe con sale e pepe . A cottura ultimata aggiungere un filo di olio extravergine a crudo.

COMPOSIZIONE DEL PIATTO

Utilizzare un coppapasta.

Pennellare con olio evo e foderare la base con delle polpe di branzino piccoline. Farcire con la panzanella toscana e chiudere con una polpa di branzino. Porre sopra il branzino la cipolla lucchese caramellata e una piccola foglia di basilico.

Ecco il piatto finale.

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Siamo un gruppo di blogger ed abbiamo aderito ad un progetto relativo alla STAGIONALITA’…questa è una lista della spesa  dalla quale ognuna di noi ha scelto quello che più l’ha ispirata …

Questo mese ho scelto il pomodoro e il cetriolo, con la mia panzanella toscana.

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Ogni mese ognuna di noi pubblicherà un post seguendo lo stile proprio….fiori, frutta, shabby, tè, arte, giardinaggio, apparecchiature, arredamento, viaggi ..e quel che la creatività le suggerirà in base al mese e alla stagione…abbiamo tante idee in ballo….e sogni da condividere con tutte voi…

e queste siamo noi….seguiteci…non ve ne pentirete:

S&V a Colazione
La Gallina Rosita
Le passioni di Antonella
Pensieri e pasticci
Lullaby Foodprops
GiardiNote
Ultimissime dal Forno
Sento i pollici che prudono
Lismary’s cottage
Due bionde in cucina
Vita da Fata Ignorante
Coscina di pollo
Alise Home Shabby Chic

Vi aspettiamo sulla nostra bacheca pinterest e sul nostro gruppo facebook ..

a presto…

 

Stracotto al Chianti per la GN del calendario del cibo italiano

Oggi è la Giornata Nazionale dello Stracotto al Chianti e io ne sono l’ambasciatrice, grazie al progetto del calendario del cibo italiano promosso da AIFB (Associazione Italiana Food Blogger).

E’ un piatto storico della mia Toscana.

E’ un piatto che si può ritrovare sotto diverse forme e consistenze: nel brasato, nello stufato e in tutte quelle carni cucinate con la tecnica della cottura lenta.

 Si tratta semplicemente di una tecnica che consiste nel cuocere gli alimenti a temperatura costante ricompresa tra i 50 e i 60° C. Con la cottura a bassa temperatura:
•l’alimento si cuoce attraverso il ricircolo del calore
•non vi è dispersione di succhi, umori e principi nutritivi
•le carni sono più tenere e sugose
•è garantito il risultato di cottura sia al centro dell’alimento che nella parte esterna: essendo la temperatura fissata e costante, la cottura non potrà mai andare oltre il grado determinato.

In sostanza, nonostante con la cottura a bassa temperatura siano necessari tempi più lunghi e una grande attenzione al calcolo esatto del tempo di cottura, il risultato è qualcosa che merita di essere provato.

Gli ingredienti riportano alla cucina rinascimentale  e in particolare dei Medici. Vi lascio un post sulla mostra di Poggio a Caiano sulle ANTICHE CUCINE e sul famoso cuoco Bartolomeo Scappi.

La carne talmente ‘stracotta’ tenderà a sfaldarsi morbidamente al palato.

Il tutto sarà allietato dal ‘sugo’  di cottura dolce e salato assieme.

Gli ingredienti devono essere dosati con cura, altrimenti si rischia di far prevaere la parte dolce su quella salata o viceversa.

Il vino renderà lo stracotto (la parte della spalla mi raccomando!) un sapore unico e ricco.

I contorni sono importanti per creare un connubio di gusti che si sposeranno alla perfezione.

 

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Vengono consigliate erbe cotte e cipolline caramellate.

Ho usato le ‘erbi lucchesi’ . Sono erbe che nascono spontanee nella zona collinare e che hanno un sapore quasi croccante e un leggero retrogusto amarognolo piacevolissimo con lo stracotto al chianti. Le erbi lucchesi sono:

borragine, radicchio selvatico, soncino, cicerbita, pimpicella, tarassaco e ramolaccio.

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Le cipolline caramellate sono cucinate con zucchero e aceto….io le adoro!!!

Ingredienti:
Una confezione di cipolline
30 gr di olio evo
150 ml di acqua
3 cucchiai di zucchero
45 ml di aceto balsamico
sale

In una pentola mettete le cipolline con l’olio. Aggiungete l’acqua, lo zucchero e l’aceto balsamico. Salate e fate stufare per 25 minuti. Controllate le cipolline con uno forchetta e se dovessero essere troppo dure durante la cottura, aggiungete un po’ di acqua. Quando le cipolline saranno tenere al tatto e la salsa sarà diventata sciropposa, sono pronte. Spegnete il fuoco, versate in un piatto da portata e versate sopra lo sciroppo caramellato.

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Ora seguitemi in AIFB dove potremo leggere insieme l’articolo completo che celebra questo meraviglioso piatto

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 Infine ringrazio :

Lucia Melchiorre   e  Sabrina Fattorini.…che con i loro contributi mi aiuteranno a rendere unica questa giornata!

Buona settimana!!!

 

Il Cibo alla corte del Granduca

Nell’anno dell’Expo molte iniziative collaterali sul cibo sono state create in giro per l’Italia…. e come spesso mi accade, prendendo spunto da qualche mostra arrivo a delle riflessioni che vorrei condividere con voi….

Questo e’ il caso della mostra “Nelle antiche cucine” allestita nella splendida Villa Medicea di Poggio a Caiano (Patrimonio dell’Umanita’ UNESCO)….

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Tale villa fu commissionata nel 1470 da Lorenzo il Magnifico ad Andrea da Sangallo e terminata per il volere del figlio di Lorenzo, Papa Leone X, solo nel 1520. Tale Villa e’ una vera e propria Reggia, utilizzata successivamente anche dai Lorena e dai Savoia quando la capitale d’Italia fu spostata da Torino a Firenze.

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Ricordo ancora che Firenze e la Corte dei Medici nel Quattrocento era al centro del mondo e il Rinascimento era in ebollizione nell’attesa di esplodere nel XVI secolo. Lorenzo aveva fatto venire molti libri segreti da tutta Europa e aveva sostenuto lo sviluppo  dell’Accademia Neoplatonica, nata grazie al nonno Cosimo, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Poliziano e molti altri intellettuali. Decisioni importanti dal punto di vista politico ed economico sono state prese in questa Villa…. ospiti illustri vi hanno soggiornato e… mangiato…

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Ancora una volta Cibo come Cultura e come, diremmo oggi, “status symbol”… per esempio quando i Medici erano in grado di offrire sorbetti ai loro ospiti, grazie alla possibilita’, praticamente unica in Europa, di far arrivare, stoccare ed utilizzare il GHIACCIO….

I  Medici, nella loro gastronomia d’avanguardia, legata alla tradizione locale interpretata dai cuochi professionisti, ricercano la ricerca di un’alternanza di gusti e la cura della genuinità dei cibi.

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Ai conviti della famiglia Medici erano di rigore le buone maniere e la più assoluta pulizia; i vasi, i candelabri, l’argenteria erano scelti per il loro valore artistico; in controtendenza rispetto alle altre corti, i cuochi dei Medici diretti dalle padrone di casa non si sbizzarrivano in artifici sgradevoli al palato, ma utilizzavano rigorosamente i prodotti genuini della regione per piatti della tradizione toscana, spesso di sapiente derivazione popolare.

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Grazie alla mostra in oggetto, sono state aperte le cucine “segrete”…. segrete, per motivi di sicurezza,  ma “private” perché dedicate soltanto ai Medici e alla corte, mentre esistevano altre cucine per tutto il personale di servizio…

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Ce lo racconta anche  Bartolomeo Scappi, Maestro di cucina e cuoco segreto di diversi  Papi, che con delle bellissime immagini tratte dalla sua Opera omnia (prima edizione Venezia, 1570) ci ha fatto immaginare che cosa dovessero essere le cucine private del Granduca di Toscana: centinaia di carri che ogni giorno arrivavano a consegnare vettovaglie, selezione attenta del materiale da parte delle guardie, accessi controllati delle persone nelle cucine segrete, camini giganti, forni distinti per pane e dolci, decine di fuochi e centinai di pentole diverse a seconda dei diversi utilizzi, vettovaglie stoccate penzolanti dal soffitto per evitare che animali piu’ o meno domestici ne approfittassero…

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Insomma abbiamo capito come erano le cucine dei grandi chef di … cinquecento anni fa…

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Siamo poi passati alla Mostra vera e propria dove quadri italiani e fiamminghi dell’epoca hanno rappresentato le cucine, i cuochi e i cibi….. tutto questo per la prima volta iniziava a rubare la scena ad ambientazioni religiose o regali… pesce come cibo religioso in contrapposizione alla carne come cibo lussurioso per eccellenza…. assistenti di cucina con gli occhi bassi insieme a cuochi orgogliosi con lo sguardo alto e fiero come dei condottieri o papi…

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Rappresentazioni di carciofi afrodisiaci, carote bianche  insieme a prosciutti e formaggi che ricordano le nostre attuali cene toscane ….

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Concludo con alcune notizie tratte liberamente dal libro “A tavola con la storia”  di Maria Luisa Minarelli, che secondo me, aiutano a capire l’importanza del cibo nel Rinascimento: Lorenzo il Magnifico era personalmente piuttosto sobrio e nelle sue ville come questa di Poggio a Caiano gradiva gustare con gli amici le lepri dei suoi boschi e il formaggio di fattoria ma allo stesso tempo   coinvolgeva  con garbo nei  festeggiamenti il popolo: basti ricordare che nel giugno del 1469, in occasione del suo matrimonio a Firenze con Clarice Orsini, Lorenzo il Magnifico fece distribuire ai fiorentini  non degli avanzi, ma 1.500 taglieri di gelatina e polli, pesci, confetti e altre ghiottonerie appositamente confezionate…. comunque  sempre Cibo come Ricchezza e Cultura ma senza sfarzo…

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Sfarzo che invece il figlio di Lorenzo, Papa Leone X, anche lui noto buongustaio, esibisce  a Roma il 13 settembre del 1513 per festeggiare la nomina a patrizio del nipote Giuliano con un banchetto solenne in Campidoglio. La tavola, che accoglieva venti sceltissimi convitati, troneggiava su un soppalco al centro della piazza, mentre intorno era stata eretta una gradinata a semicerchio per la folla che assisteva allo spettacolo. Quando, al passaggio dei bacili di acqua odorosa, gli ospiti dispiegarono i tovaglioli bianchissimi per asciugare le mani, si liberò nell’aria un volo di uccelletti svolazzanti. L’abbondanza era tale, narrano i cronisti, che i convitati presero a gettarsi l’un l’altro le portate, e infine si videro capretti e fagiani, porcellini e pernici volare verso le tribune e insozzare la piazza…..  Cibo come Potere, nel senso piu’ negativo del termine….

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Insomma dalla Mostra, a mio avviso, si capisce nel Rinascimento la cucina incomincia a diventare arte e cultura, il “know-how” culinario assurge al livello della religione o delle armi…

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…e poi, come ho gia’ sottolineato altre volte la location di una mostra e’ forse piu’ importante del contenuto per il successo della stessa…. e in questo caso la Villa Medicea di Poggio a Caiano per la bellezza estetica ed il significato che il cibo ha avuto per la dinastia dei Medici, non poteva essere simbolo migliore per rappresentare il Cibo come Cultura in Italia nell’anno dell’EXPO…..

Cous cous di pesce alla livornese

Questo cous cous unisce diverse tradizioni che sono confluite a Livorno.

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Livorno è una città nata dalle minoranze, che qui hanno trovato un luogo dove potersi stabilire negli anni.

Livorno è una città ridente e gaudente, il sole, il mare , le belle serate, il buon cibo, tutto ciò è parte del carattere dei livornesi che , in generale, amano godersi la vita.

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Questo cous cous livornese rispecchia le origini di una  città marinara, multietnica e multiculturale per eccellenza.

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In questa ricetta troviamo tracce di diverse tradizioni assemblate assieme.

Il cous cous ai frutti di mare è di tradizione nord-africana, ma si aggiunge anche la tradizione del cacciucco (mi raccomando con 5 c) laddove le sue origini si perdono nella notte dei tempi (sembra addirittura dai Fenici).

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Infatti ho usato il brodo di pesce, il quale è una delle tre parti con cui si costruisce il cacciucco alla livornese (come lo faceva mia madre). Il sapore di questo piatto è intenso ed io lo condisco a crudo , quando è ancora tiepido, con dell’olio al cedro .

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Cous Cous di pesce alla livornese

per 6 porzioni

Tempo di preparazione 1h circa

Tempo di cottura almeno tre ore (per il brodo a cottura lenta)

30 cozze

300 gr di gamberi

vongole 300 gr

calamari 200 gr

gallinelle medie 6

pomodorini  circa 12

prezzemolo tritato (2-3 cucchiai)

aglio tritato (2/3 spicchi)

vino bianco un bicchiere

brodo di pesce (1,5 l)

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sale peperoncino olio q.b.

Preparare il cous cous mettendolo in una pirofila capiente, aggiungere sale , olio e  300 ml circa di brodo di pesce. Infornare a 160° per una decina di minuti. Lasciare raffreddare e lavorare con una forchetta e aiutarsi con le mani affinchè nel cous cous non ci siano grumi (aggiungete il brodo se necessario).

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Lavate i pomodorini e tagliateli in quarti; tritate prezzemolo ed aglio. Pulite bene vongole e cozze, togliendo a queste ultime il bisso (la barbetta che fuoriesce dalle valve) e lavandole poi sotto l’acqua corrente . Mettete le vongole in un tegame con un cucchiaio di prezzemolo tritato, metà della dose di vino bianco e mezzo spicchio d’aglio , poi coprite con un coperchio e lasciate che si aprano le valve per effetto del calore. Fate la stessa cosa in un tegame separato con le cozze. Spegnete il fuoco e separate gran parte dei molluschi dal proprio guscio, quindi, con un colino a maglie fini, filtrate il brodo di cottura e ponetelo in una ciotola .

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Mettete in un tegame 4 cucchiai di olio e uno spicchio di aglio schiacciato, poi aggiungete i calamari che avrete precedentemente pulito e tagliato a rondelle , i molluschi sgusciati e i gamberi che avrete lessato per 3 minuti in acqua bollente e sgusciato (alcuni saltateli in padella e usateli per decorare il vostro cous cous). Fate soffriggere qualche secondo, poi aggiungete il liquido di cottura di cozze e vongole precedentemente filtrato e lasciate cuocere per 10 minuti, aggiungendo se necessario poca acqua calda, in modo da terminare la cottura con un po’ di liquido residuo nei frutti di mare (2-3 cucchiai). Aggiungete quindi i pomodorini, e il prezzemolo. Ponete il condimento così ottenuto in una ciotola con il couscous.
Servite il couscous ai profumi livornesi subito o lasciatelo raffreddare secondo i vostri gusti.

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Un patè antico:crostini toscani con fegatini di pollo

Vedete questa ricetta unisce tutti noi toscani….un territorio cosi particolare con tantissime  tipicità, ma un minimo comune multiplo lo abbiamo , si sono  loro I CROSTINI DI FEGATINI…..appaiono magicamente sulle tavole delle occasioni…non ho memoria di una sola festa della mia famiglia senza di loro…ricordo i crostini della nonna di mio marito…di mia suocera…di mia madre..di mia zia..di mia nonna…mai ne ho assaggiati di uguali, sempre diversi, sia pure per delle sfumature…

toscana-tariffe-gas-1024x654                                                                        Immagine tratta dal WEB

Un harem di mani intente in una ricetta che si tramanda da generazioni…

la nonna di mio marito bagnava il pane con il brodo di pollo, mia nonna ci spalmava del burro, mia suocera ci metteva il  cappero sopra, mia madre usava il ‘ramerino’ (rosmarino), mia zia friggeva il pane…insomma tutti sapori diversi…spesso anche in base alla proporzione degli ingredienti, dell’aggiunta o meno della salsa di pomodoro..oppure dall’utilizzo della salvia…

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Anche nel mitico libro di cucina dell’Artusi pubblicato nel 1891,  l’Arte del mangiare bene,  parla dei crostini di pollo, nella categoria dei principii (gli antipasti)…

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e’ inutile ho una passione folle per questi crostini..pensate che nei primi mesi di gravidanza…avevo le nausee e l’unico sollievo lo provavo con I CROSTINI DEI Fegatini di pollo (lo so strana!!!)…e vi garantisco che non mi hanno ancora annoiata…è più forte di me…

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Ovviamente questo mese partecipo a Recipe della cara Flavia e dal blog della vincitrice di Maggio Se cucino….sorrido!   potevo non scegliere questa ricetta??  no dico…secondo voi potevo resistere??

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Cosi con del buon pane nero alle noci ..abbrustolito in forno…ho assaggiato l’ennesima versione di crostini toscani….e anche questi OTTIMI!!!

Una libidine….come al solito…e come al solito un sapore diverso…i crostini sono cosi…prendere o lasciare e io me li prendo tutti!!

Ho lasciato gli ingredienti esattamente come la ricetta propone, solo il pane è quello integralissimo e con lievitazione naturale al posto del nostro pane casalingo toscano bianco

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Crostini con fegatini di pollo

Ingredienti (per 4 persone)
250 g fegatini di pollo
1/2 cipolla
3-4 foglie di salvia
vino rosso
1 cucchiaio di capperi sotto sale
4 filetti di acciuga salate
brodo (poco)
olio
sale
pepe
pane toscano

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Procedimento

Dissalare capperi e acciughe.
Tagliare il pane toscano a fettine dello spessore di c.a 1 cm.
Tritare finemente la cipolla e farla appassire in una padella nella quale sia stato scaldato un po’ di olio.
A questo punto unire le foglie di salvia e i fegatini tagliati grossolanamente.
Cuocerli pian piano sfumando con il vino ed aggiungendolo poco a poco nel caso il fondo si rivelasse troppo asciutto.
Se, al contrario, il fondo fosse troppo umido, alzare la fiamma per farlo asciugare.
Dopo circa 15 minuti, togliere la padella dal fuoco e versare i fegatini su un tagliere.
Utilizzando la mezzaluna, tritarli unitamente ai filetti di acciuga e ai capperi (è interdetto l’uso del mixer. Pena la vanificazione della consistenza del piatto!)
Rimettere il composto in padella e farlo cuocere a fiamma bassa ancora per qualche minuto aggiustando il sapore con sale e pepe.
Nel frattempo abbrustolire leggermente le fettine di pane e far intiepidire il brodo.
Immergere il fondo di ogni fettina nel brodo lasciando la parte superiore asciutta.
Disporle sul piatto di portata e spalmarvi sopra, in abbondanza, la farcia di fegatini.

Con questa ricetta partecipo a Recipe di Maggio

maggio 2015

Ben tre brisè…TRE E DICO TRE!!!

Questo mese sono stata travolta da tante belle emozioni…virtuali e non…e virtuali che son diventate reali….

Marzo è il mio mese….non che l’adori particolarmente…avrei preferito nascere in un mese estivo…con tanto di festa all’aperto e vino ghiacciato per tutti….quando hai piu tempo …quando tutti son rilassati …magari in ferie…per godere un bel momento assieme…

ecco allora si…avrei preferito il caldo Agosto con le giornate che iniziano ad accorciarsi ….preludio di Settembre …di uva…di fichi maturi e succolenti …di marmellate …di ultimi momenti teneri e caldi…

ed invece son nata di Marzo…ostinata ridanciana e impulsiva….ce l’ho tutte eh si!

ma questo mese ho raccolto tante belle emozioni….

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la mia vita reale scorre in modo vorticoso e non riesco a fermare l’attimo…odio quando le giornate mi scorrono come sabbia tra le dita …ma se mi siedo davanti al pc riesco a fermare tutto quanto….questo mese è iniziato con il contest di Pippi giunto al termine…con la vittoria come recipe tionist…con la cena di Alice...

chi mi legge sa come la penso…se cucini con amore tutto sarà più buono…perchè cucinare è una coccola per te e per chi siede alla tua tavola…perchè essere felice attorno ad una crostata calda e fumante di brisè ha tutto un sapore diverso…

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 Queste tre ricette le dedico alla cena con Alice..e le dedico a Flavia …

è come se si fosse creato un cerchio che ci ha unite la sera del 21 marzo…è come se ci fosse stata circolarità grazie a delle semplici crostatine…

la sera ero con Alice ma parlavamo di Flavia e di mtc…

lo dedico ad Alice perchè ho cucinato materialmente per lei e Riccardo con l’idea di farli felici…con ingredienti semplici e primaverili come piacciono a me da condividere con loro….

e lo dedico a Flavia perchè è l’ideatrice e la stimolatrice folle di questa brisè favolosa…mi son dedicata come se cucinassi realmente per lei…volevo farla felice con le mie crostatine…anche se le vedrà solo attraverso le mie foto

perchè queste dediche? perchè  la cucina rende felici…e vicini..e ci emoziona sempre e comunque anche attraverso lo schermo di un pc….

mi son impegnata…non avevo mai impastato una brisè…e devo dire che mi ero persa troppo nella vita….questa è stata un’occasione di quelle dalle quali non puoi più tornare indietro…la brisè da adesso in poi sarà cosi…ipse dixit..

ho fotografato l’impasto col cuore come se a pilotare la mia mano ci fosse Roux …come se Flavia impastasse con me..per Alice…

mi son impegnata per far riuscire bene le mie crostatine che desideravo piccine piccio e di gusti diversi ….ho studiato gli impasti…e si …mi son piaciuti

…il mattarello…l’impasto…le mie farine integrali….l’appareil pannoso e con le uova del contadino….tutto profumava di buono…le verdure prese in collina dal suocero della mia collega…tutto perfetto…tutto come piace a me…senza tempo…spazio…o luogo….solo la gioia di assaggiare cruda una bontà infinita…di assemblare gli ingredienti come in un gioco di ruolo…e divertirmi con i colori e il loro contrasto di sapori…

Gli Impasti di Brisè secondo Roux

Primo impasto

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250 gr di farina di farro della garfagnana

159 gr di burro tagliato a pezzettini e leggermente ammorbidito

1 cucchiaino di sale

un pizzico di zucchero

1 uovo

1 cucchiaio di latte freddo

Secondo impasto

150 gr di farina di grano saraceno

100 gr di farina semintegrale

160 gr di burro salato danese

1 cucchiaino di sale

un pizzico di zucchero

1 uovo

1 cucchiaio di latte freddo

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Procedimento per gli impasti di brisè

Versate la farina a fontana sul piano di lavoro. Mettete al centro il burro, il sale, lo zucchero e l’uovo, poi mescolateli e lavorateli con la punta delle dita.

Incorporate piano piano la farina, lavorando delicatamente l’impasto finché assume una consistenza grumosa.

Aggiungete il latte e incorporatelo delicatamente con la punta delle dita finché l’impasto comincia a stare insieme.

Spingete lontano da voi l’impasto con il palmo della mano, lavorando di polso, per 4 o 5 volte, finché è liscio. Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e mettetela in frigo fino all’uso.

Quando i due ripieni sono stati messi in frigo ho iniziato a preparare i 3 ripieni e l’appareil.

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Appareil

250 ml di panna

50 ml di latte intero

2 uova

un pizzico di noce moscata

pepe

sale

ed ora i tre ripieni

 

 

1) ripieno per TORTA DI PORRI NOCI E ROBIOLA

l’idea è nata dalla torta Flamiche belga, io ho aggiunto gli altri ingredienti

porri (solo la parte bianca) saltati in padella con burro sale e pepe

noci a pezzettini

e robiola mantecata

Stendere la pasta brisè. Ritagliare in piccoli cerchi. Bucherellare la pasta e cuocere per 25 minuti il guscio.

Dopodichè inserire la robiola (un cucchiaino scarso) i porri saltati e i pezzettini di noci. Versare l’appareil (con due ciuffetti di erba cipollina). Infornare di nuovo per 15 minuti

 

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2) ripieno per QUICHE CON BROCCOLETTI SCAMORZA AFFUMICATA E OLIVE NERE

broccoletti

scamorza affumicata sottile

olive nere denocciolate

cipollina fresca toscana

Cuocere in acqua bollente leggermente salata le cimette piccine piccio di broccolo.

Passarli in acqua fredda affinchè mantengano il colore.

Far appassire le cipolline fresche con le olive in olio extravergine di oliva (due cucchiai circa da minestra).

Stendere la pasta e bucherellarla. Cuocere in bianco per 25 minuti a 180 °C.

Inserire nel guscio semicotto le cipolline appassite le olive e aggiungere l’appareil (con l’aggiunta di timo fresco). Adagiarci le piccole cime di broccoletto ed infornare per 15 minuti circa.

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3) CROSTATA SALATA DI BOCCIOLI DI BORRAGINE, SCALOGNO , CAPRINO E PINOLI.

Mentre la pasta riposa in frigo, mondate i boccioli di borragine e lavateli. Saltateli con lo scalogno e l’olio extravergine, sale e pepe.

All’ appareil ho aggiunto un cucchiaio di yogurt greco e un cucchiaino di parmigiano.

Cuocere il guscio bucherellato per 25 minuti in forno a 180°.

Inserire un briciolo di caprino e adagiarci sopra i boccioli con lo scalogno. Aggiungere l’appareil , i pinoli e cuocere per 15 minuti.

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I tre ripieni li ho fatti con entrambi gli impasti e devo ammettere che il toto brisè l’ha vinto l’impasto con la farina di grano saraceno.

Li ho serviti su un’alzatina di vetro trasparente..e ognuno poteva attingere il ripieno che preferiva e l’impasto che più lo ispirava.

Con queste ricette partecipo all’MTC n 46

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La zuppa frantoiana secondo l’antica tradizione lucchese….

Adoro la cucina antica toscana, quella della tradizione, quella esclusivamente  tramandata attraverso l’universo femminile…quelle ricette che ancora oggi si cucinano senza forno a legna o stufe o caminetti. E’ un tornare lento alle origini, al cucinare lento, al riappropriarsi dei tempi e degli odori di una cucina antica che non fa parte della nostra quotidianeità. Tornare all’odore di legna bruciata quella che aleggiava per le strade del paese verso sera, in autunno e soprattutto in inverno. Lo sentivi ovuque, e ti consolava, era una promessa di calore , di famiglia, di cibo e di unione. Il fuoco nel camino veniva ravvivato, un ciocco sopra l’altro….qualcuno se ne occupava…ancora mani …mani che si muovevano svelte per non far spengere il fuoco…

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Oggi vi racconto di Fiamma…forse la prima persona che ho conosciuto quando arrivai dal Nord per stabilirmi in questa splendida città…lei ha attraversato con me anni della mia famiglia…lei fa parte della mia famiglia…non so nemmeno come definirla…ha fatto la tata a mio figlio, mi aiuta nelle pulizie, cura con amore le mie piante, non si tira mai indietro se c’è da dare una mano….è il mio punto fermo…il mio punto forte, costante e quotidiano…

 

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Lei è una vera lucchese…è una donna che sa custodire le sue tradizioni, le coltiva e le vive sulla sua cucina fatta di sapori autentici della campagna …sua madre …sua suocera….sua nonna…un harem di mani sapienti hanno fatto giungere sulla mia tavola questo splendore di zuppa. Ogni famiglia la cucina alla sua maniera…dipende come la cucinava la nonna ovviamente….quella di Fiamma si cucina così..non si deve fare domande…si deve solo assaporare una delizia divina dettata da una formula chimica ricca di secoli di storia familiare

 

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Ingredienti per 6 persone

600gr. fagioli borlotti

2 zucchine

1 patata

2 carote

1 cipolla

aglio

1 mazzetto di bietola

2 costole di sedano

1 porro

1 cavolo verza piccolo

1 mazzo di cavolo nero

80 gr di lardo

pelati bio

zucca

borragine (non è la stagione e non l’ho trovata)

1 finocchio

prezzemolo

basilico

salvia

rosmarino

timo

semi di finocchio

 

 

 

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Procedimento

I fagioli che ho usato sono congelati dall’estate, ma se li avete secchi poneteli a bagno la sera prima. In una pentola di coccio ho cucinato i fagioli, con due spicchi di aglio in camicia, acqua e un rametto di salvia, salate e mettete un goccio di olio. Mentre i fagioli cuociono fate rosolare in una seconda pentola la cipolla con la zucca e dopo ci aggiungete i pelati. Lasciate cuocere. E’ una preparazione lenta e complessivamente useremo ben 3 pentole (un pò come il cacciucco alla livornese) che poi uniremo alla fine. Adesso tritiamo il rosmarino, l’aglio, il prezzemolo, la cipolla, la salvia e il lardo riducendo il tutto ad una poltiglia odorosa, che andremo a rosolare con olio nella terza pentola di cui vi ho parlato sopra. Puliamo le verdure e aggiungetele al trito della terza pentola. L’ordine da seguire è partire da quelle più dure (carota, sedano, ecc.) e poi aggiungere tutte le altre. Nel frattempo passare i fagioli al passaverdure per eliminare le bucce, lasciandone da parte circa 1/3 interi che andremo ad aggiungere alla terza pentola delle verdure assieme al brodo di cottura dei fagioli (il brodo infatti dovrà risultare denso). Stessa cosa alla seconda pentola della zucca , cipolla e pelati. E’ questo il momento che diverrà un unico pentolone profumato e colorato.

Aggiugo un pochino di acqua, semi di finocchio e timo. Lascio cuocere lentamente a fuoco basso.

Quando sarà cotta avrete la cucina inondata da un profumo celestiale… personalmente mi piace anche senza pane oppure con una fetta abbrustolita semplice, ma la vera zuppa frantoiana è con il pane di ponte a moriano (cotto a legno e assolutamente sciapo). Il pane deve essere raffermo e lo tagliate a dadini (se gradite strusciate prima con l’aglio) e conditelo con un filo di olio toscano e pepe macinato al momento. Adagiate il pane sul piatto e servitevi sopra la zuppa a strati. Vi consiglio di servire questa zuppa con una cipolla dolce tagliate sottilissima e messa precedentemente in ammollo per qualche ora.

Con questa ricetta antica della famiglia della mia cara Fiamma partecipo al contest di Consuelo de “I biscotti della zia”

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