Riso nero livornese

 

Puoi essè di Parigi, puoi essè di New York….ma tanto ‘un sei di Livorno….Un tenore si sveglia la mattina e fa’ r’ DO di petto? Il livornese si sveglia la mattina e fa’ r’ DE’ di petto!!! Ecco la differenza sostanziale fra i livornesi e ‘r resto der mondo. Ner mondo siamo tutti uguali, è vero – ma la razza livornese è diversa da tutto. C’è un proverbio , perso nei meandri della storia che ‘un dice male’. Esso declama così : ” Se vuoi fa’ come ti pare …vieni a Livorno”. E questa è stata la morale che ha scandito la nostra vita, fino ad oggi- in quattrocento anni d’onorato status di Città.

 

 

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Boia dè! Il 19 marzo 1606 si doventava città, ma vi rendete ‘onto?! Insomma l’amore di noi livornesi (e il senso di appartenenza ) per la nostra città è sconfinato. In fondo non è una città storica, non ha tradizioni, non ha origini, eppure c’è ir mare : Calafuria, Boccale, ir Romito ,Calignaia, la Cala der leone…o cosa voi di più?

 

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Negli anni ottanta mia suocera era solita festeggiare il suo compleanno all’ ‘Antico Moro’, popolarissima trattoria del vecchio centro di Livorno, collocata fra il Mercato monumentale e il mercato di Piazza Cavallotti. Ci sedevamo ad un tavolo centrale e la tovaglia bianca profumava di pulito.

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Mio marito ordinava di solito fritto di pesce ed io un risotto al nero di seppia. All’epoca non amavamo il pesce entrambi, ci siamo ricreduti nel tempo!

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La ricetta del riso al nero di seppia ha piccole variazioni, si usa la cipolla o l’aglio, il prezzemolo o il basilico  e mia madre lo mantecava sempre con del burro, anche se le dritte storiche non lo prevedono.

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Io ho usato la ricetta di Otello Chelli.

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Il “Riso nero”
Togliete il nero alle seppie (lo trovate all’interno di una membrana sottilissima fate attenzione) e dopo averle lavate tagliatele a pezzetti.
Fate un battuto con cipolla rossa, basilico e una carota (io non l’ho usata) , mettetelo sul fuoco con olio extravergine di oliva e aggiungete le seppie e un paio di peperoncini rossi.
Durante la cottura aggiungete il riso, tre cucchiai di conserva e il nero delle seppie.
Mentre il riso cuoce e di tanto in tanto dovrete girarlo, aggiungete, via via, del vino bianco e del brodo di carne.
Servite caldo …anche se ai tempi della ‘fame’, si mangiava ‘diaccio’ e ce n’avanzava!!!
Con questo piatto vi consiglio della buona Vernaccia di S. Gimignano servita sui 10°C.

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Fonti:

Livorno: il Mediterraneo in cucina di Otello Chelli
Cucina livornese di Aldo Santini
Bevi di meno pònci di Claudio Marmugi

 

Con questa ricetta partecipo ai seguenti contest

“Ingrediente diVino”… ossia, il vino in cucina

Ingrediente divino

Contest “Il mio piatto preferito!”

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Una garmugia…. livornese

Come sapete la Garmugia e’ uno dei piatti della tradizione lucchese che preferisco….ve ne avevo parlato qui

La garmugia è sinonimo di primavera annunciata…di verdure croccanti …di sapori che tornano dopo il freddo inverno…e questa ciclicità mi rincuora e rassicura…ogni anno..

Sollecitata dal Gruppo delle alchimiste dei sedici sapori e dal libro della Signit ‘La grammatica dei sapori’ mi sono cimentata in un piatto ‘fusion’…

un piatto che unisse  le due citta’ a me piu’ care ossia Livorno, mia citta’ natale e Lucca, citta’ in cui vivo da 15 anni. 7 12

E’ un piatto che richiede il piacere puro di cucinare senza fretta…un vero lusso per me… è un piacere senza tempo..come odorare le rose in giardino

lasciarsi avvolgere dall’aroma caldo e dall’amore che metti nel cucinare per i tuoi cari…qualcosa di superbo, antico…genuino e confortante

nel frattempo mi inebrio di profumi… una tovaglia candida…un bicchiere di buon vino… dei fiori sulla tavola…

 

Lucca e Livorno, due citta’ toscane vicine geograficamente ma lontane anni luce “caratterialmente” a causa di una storia completamente diversa: citta’ stato e Repubblica Oligarchica cinta da mura,  la prima e porto del Granducato di Toscana con un mix incredibile di etnie e religioni di tutto il mondo, la seconda.

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Lucca, gia’ capitale della Tuscia longobarda nel 574 d.C.,  e’ sempre stata una citta’ ricca con forte propensione al commercio facendo affari dalle Fiandre alla Cina;  le famiglie lucchesi piu’ potenti prestavano soldi ad alto tasso di interesse sin dal medioevo alle corti piu’ blasonate di Europa, arricchendosi ancora di piu’. Quindi con la nascita della Repubblica Oligarchica, costruivano le mura rinascimentali per proteggersi, ma non hanno mai subito alcuna invasione grazie al potere politico ed economico che faceva vincere le guerre … prima che accadessero…. come predicava il sapiente Sun Tzu nell’Arte della Guerra. Nelle stupende ville costruite nelle colline circostanti, la nobilta’ celebrava il suo potere e la sua ricchezza, lontano dagli occhi indescreti della plebe.

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Livorno, villaggio di pescatori nel medioevo, diventa il porto mediceo del Granducato di Toscana nel Rinascimento. Si sviluppera’ demograficamente in maniera rapida alla fine del ‘500 grazie alle Leggi Livornine, le quali consentivano a chiunque di venire a Livorno e professare liberamente il proprio culto, vedersi condonata ogni condanna precedente e effettuare qualunque tipo di commercio senza pagamento di dazio….

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Quindi comunita’ di greci, armeni, turchi, inglesi, olandesi-alemanni , ma soprattutto ebrei sefarditi stabilirono a Livorno la loro residenza e la sede dei loro magazzini commerciali lungo i fossi intorno alla citta’ appena costruita…. La sinagoga di Livorno, distrutta nella seconda guerra mondiale, era la piu’ grande d’Europa dopo quella di Amsterdam… ma anche schiavi, prostitute e delinquenti di ogni tipo arrivavano e sostavano a Livorno e il monumento dei Quatto Mori ne e’ il simbolo piu’ rappresentativo

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Solo questo fa capire perché l’atmosfera che si respira nelle due citta’ ancora oggi non possa essere piu’ diversa…. chiusa, elegante, tradizionalista e conservatrice la prima, cosi come aperta, tollerante, dissacrante e fatalista la seconda….

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 Ed ecco a voi la ricetta….un brodo tratto dalla ricetta autentica del cacciucco livornese e gli ingredienti tipici della  garmugia, dalla  nobile tradizione lucchese …

Garmugia livornese

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Ingredienti per 4 persone:

1 filetto di branzino (piccolo)

1 filetto di sogliola (piccola)

8 gamberoni sgusciati

300 gr di fave da sgranare

300 gr di piselli da sgranare

300 gr di asparagi

3 cipollotti

3 carciofi

1,5 l  di brodo di pesce

olio q.b.

sale e pepe

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Procedimento

In una pentola far appassire i cipollotti tritati finemente, aggiungere i carciofi a spicchietti, gli asparagi tagliati a rondelle, i piselli e le fave. Ricoprire con il brodo di pesce, aggiustare di sale e cuocere per 20 minuti; unire i due filetti tagliati a tocchi, i gamberoni e ultimare la cottura in pochissimo tempo. Servire con pane casalingo tostato. 22

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BRODO DI PESCE

1 kg di scarti di pesce

 2 porri (solo la parte bianca)

1 costola di sedano

1 foglia di alloro

2 scalogni

3 rametti di timo

1 spicchio di aglio

10 grani di pepe

3 bacche di ginepro

1 chiodo di garofano

1/2 litro di vino bianco

1  l di acqua

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Procedimento

Mettere in una pentola capiente il pesce lavato, gli scalogni tagliati grossolanamente, l’aglio, le spezie, le verdure e le erbe aromatiche legate a mazzetto. Ricoprire con l’acqua e il vino bianco e far sobbollire lentamente per circa 1 h , ma anche più abbassando la fiamma più che potete e schiumando se necessario. A cottura ultimata passare attraverso un colino a maglia fina schiacciando il pesce e le verdure con il dorso di un cucchiaio per estrarne i succhi.

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Con questa ricetta partecipo a Sedici. L’alchimia dei sapori

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